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Ripensare il design: «Non si tratta solo di belle forme»

Quando si sente la parola «design», si pensa inevitabilmente a un tavolo che salta all’occhio per la sua forma particolare, a una poltrona insolitamente slanciata o a una borsa impossibile da confondere con le altre. Per l’esperto di design e avvocato Dr. Robert M. Stutz, tuttavia, forme e oggetti non sono che una delle facce del design.

Immagine simbolica
Immagine di Alice Achterhof, unsplash.com

L'Istituto Federale della Proprietà Intellettuale (IPI) organizza periodicamente serate a tema a Berna (cfr. infobox «Simposio IP@6») cui partecipano esperti che, presentando le ultime novità e le sorprendenti sinergie nei diversi settori, permettono di farsi un’idea di quella che è la pratica professionale. Il 4 settembre 2019 è stata la volta del Dr. Robert M. Stutz, che ha parlato della protezione del design.

 

Blog IPI: Lei è del parere che il concetto di «design» debba emanciparsi da quello di «oggetto» ed essere ripensato. Cosa intende con questo?

Robert Stutz: Al giorno d’oggi i designer non sono più semplici creatori di prodotti, bensì creatori di valore e cultura nell’accezione più ampia del termine. Il design è il processo stesso di sviluppo e creazione, e non il suo risultato. Non si tratta solo di belle forme.

 

Ossia?

Al giorno d’oggi, anche i servizi o le prestazioni possono considerarsi design. Con questo, mi riferisco pure ai metodi creativi per la messa a punto di soluzioni. Il design è un processo di sviluppo e creazione che si riflette nei prodotti tanto quanto nei servizi.

 

Può fare qualche esempio?

Prendiamo, ad esempio, il design di comunicazione. Un’impresa ferroviaria intende offrire ai clienti, in stazione, un servizio di informazione ottimale, tempestivo. In questo caso non è l’oggetto ad essere centrale, bensì l’attuazione di un concetto comunicativo mirato nell’ambito del quale vengano messi a punto un nuovo font o un nuovo tabellone che permettano ad esempio ai clienti di raggiungere più velocemente la loro destinazione all’interno della stazione. Oppure prendiamo il «design thinking», un metodo che permette di trovare la soluzione a un problema in modo creativo. All’inizio è fondamentale comprendere e osservare la situazione.

 

Fatto questo, si passa alla fase di sviluppo dell’idea, supportata da tutta un’opera di brainstorming e visualizzazione; prototipi testati e ottimizzati continuamente che fungono da fondamento per l’intero processo. Il risultato non è quindi un oggetto, bensì un concetto che ha avuto origine da un processo creativo. In fin dei conti, «design» è tutto ciò che crea valore.

 

È possibile proteggere questo tipo di design? Finora la legge non contempla soltanto gli oggetti?

La legge sul design, in Svizzera come nell’UE, protegge soltanto il design di prodotti; metodi, idee astratte e concetti sono esclusi dalla protezione. Non è dunque prevista alcuna protezione per il «design thinking». Secondo il diritto d'autore e il diritto in materia di design ognuno può utilizzare liberamente un’idea per arrivare a trovare una soluzione in modo creativo, mentre il brevetto entra in gioco qualora venga fatto ricorso a materiali o forze naturali.

 

Al di là di questa accezione più ampia del concetto di «design», quali tendenze si profilano in materia di protezione dei design?

Indubbiamente le possibilità di ricerca su Internet. Al giorno d’oggi è possibile svolgere ricerche di design approfondite a prezzi abbordabili e scoprire così, dopo aver semplicemente caricato una foto, se uno specifico design è nuovo oppure no. I software fanno ancora parecchia fatica con i modelli bidimensionali e gli oggetti 3D, di cui non riescono a riconoscere chiaramente la funzione. Gli strumenti disponibili vengono però ottimizzati continuamente.

 

E questo non è che l’inizio, con l’intelligenza artificiale che rivestirà a sua volta un ruolo sempre più centrale. È quindi necessario disporre fin da subito di soluzioni in grado di permettere ricerche su scala mondiale nel Web. Arriverà il giorno in cui non si potrà più fare a meno di ricercare le forme già esistenti se non si vorrà rischiare, al momento del lancio di un nuovo prodotto, di essere tacciati di averlo copiato.

 

Cosa la lega al mondo del design?

Sono sempre stato appassionato di design, tanto da aver preso in considerazione l’eventualità di farne la mia professione. Quando, all’età di trent’anni, mi sono trovato a dover scegliere, ho optato poi per la professione di avvocato, focalizzandomi però sulla proprietà intellettuale. In qualità di presidente della Berner Designstiftung, mi occupo di promuovere il design e sensibilizzare l’opinione pubblica in merito; inoltre, in seno a organizzazioni internazionali, mi impegno in favore della protezione del design. Il design ha quindi sempre fatto parte della mia vita professionale.

 

In qualità di avvocato, qual è la sua esperienza in materia di protezione di design?

Mi capita ancora con una certa frequenza di imbattermi in design che non sono stati depositati. Manca spesso la consapevolezza che, per poter commercializzare con successo una creazione, sia dapprima necessario proteggerla. Quanto al settore della moda, riesco a capire in parte quali siano i motivi alla base di questa situazione, avendo i prodotti un ciclo di vita molto breve. All’interno dell’UE il problema è stato risolto introducendo una protezione dalle contraffazioni della durata di tre anni che inizia a decorrere dal momento della pubblicazione di un design non depositato. La Svizzera dovrebbe riflettere su una soluzione di questo tipo.

 

Inoltre, è ancora diffusa la convinzione che una minima variazione rispetto alla forma originaria sia sufficiente a eludere la protezione. Non è vero.

 
 
 

Simposio IP@6

«IP@6» è un ciclo di conferenze gratuite dell’Istituto Federale della Proprietà Intellettuale (IPI). I vari interventi tematizzano domande e problemi attuali inerenti alla proprietà intellettuale.

 

Gli incontri hanno luogo a Berna e durano al massimo 90 minuti. Al termine di ogni incontro è previsto un aperitivo, in occasione del quale i visitatori hanno la possibilità di stringere nuovi contatti in un quadro amichevole e disteso.

 

Maggiori informazioni: «IP@6»

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